Il nuovo regolamento del Ministero dell’ambiente sull’end of waste inerti riaccende i riflettori su uno strumento nevralgico dell’economia circolare: il “fine rifiuto” (o end of waste), con tutte le sue potenzialità e criticità. In tal senso, lo specifico campo dei rifiuti da costruzione e demolizione, oggetto del decreto ministeriale in questione, è emblematico, in quanto uno dei più complessi e travagliati in ambito di end of waste, come dimostrano le traversie che ha registrato la regolamentazione in questione, tra critiche degli addetti ai lavori e dietrofront ministeriale rispetto al decreto approvato meno di due anni fa. L’occasione, comunque, è utile per riepilogare i due elementi fondamentali – una sorta di pre-condizioni, ancor prima dei quattro requisiti sanciti dalla legge – dell’end of waste secondo la giurisprudenza consolidata in materia di reati ambientali, con particolare riferimento alla gestione non autorizzata di rifiuti
Indice
1) End of waste e reati ambientali: il nuovo regolamento sugli inerti
2) End of waste: le basi legali
3) End of waste e reati ambientali: la prevenzione come strada maestra
4) Un corso di formazione per la tua impresa
1) End of waste e reati ambientali: il nuovo regolamento sugli inerti
Poco più di due mesi fa il Ministro dell’ambiente ha firmato il nuovo regolamento end of waste dei rifiuti da costruzione e demolizione.
Insieme ai sottoprodotti, la cessazione della qualifica di rifiuto è uno dei due principali strumenti normativi dell’economia circolare in materia di rifiuti e dintorni, e per questo ce ne siamo già occupati più volte su questo blog e sul canale You Tube Diritto Ambientale – Avv. Stefano Palmisano.
Così come, nei mesi scorsi, abbiamo dedicato diversi riferimenti e riflessioni alle sorti dell’economia circolare in quell’ambito cruciale che sono gli stessi rifiuti da demolizione e costruzione. Per citare un solo dato, secondo il Rapporto Rifiuti Speciali 2024 dell’Ispra presentato a luglio scorso, ancora una volta è proprio il settore delle costruzioni e demolizioni – con quasi 80,8 milioni di tonnellate – quello con la maggiore produzione totale di rifiuti speciali, concorrendo per il 50% alla produzione complessiva.
Chiunque si occupi di economia circolare in questo Paese, quindi, non può non porre la massima attenzione a questo comparto economico – produttivo; in particolare, alle vicende relative a un istituto come l’end of waste applicato a questa materia, con la travagliata evoluzione della normativa che lo disciplina. Il regolamento approvato alla fine di giugno scorso, infatti, andrà a sostituire quello pubblicato meno di due anni fa e, di fatto, ripudiato prim’ancora che entrasse in vigore a tutti gli effetti.
2) End of waste: le basi legali
La firma del nuovo regolamento in materia di inerti, comunque, è un’ottima occasione per ricordare agli operatori del settore e agli addetti ai lavori in genere le basi normative di questo istituto, secondo la giurisprudenza consolidata in materia di reati ambientali, con particolare riferimento alla gestione non autorizzata di rifiuti. Si tratta di una sorta di pre-condizioni che, in quanto tali, non possono per nessuna ragione mancare nella gestione del rifiuto che si vuol fare diventare end of waste, come abbiamo di recente spiegato su questo blog raccontando la storia di Carmela, un’imprenditrice del ramo trattamento rifiuti.
Dunque, perché un rifiuto possa cessare la qualifica di rifiuto, prima ancora dei quattro requisiti del Testo Unico Ambientale, occorrono due condizioni preliminari.
La prima: l’esistenza di un’operazione di recupero1.
Il secondo requisito preliminare rispetto alla stessa ipotizzabilità di un procedimento di end o waste, secondo la Suprema Corte, è la necessità che tali attività di recupero siano effettuate da un soggetto a ciò autorizzato dalla pubblica amministrazione competente nelle forme previste dalla legge.
3) End of waste e reati ambientali: la prevenzione come strada maestra
In conclusione, la legislazione in materia di end of waste è molto complessa e in continua evoluzione. Per quanto abbiamo appenna accennato sopra, questo è un tema rovente – nel più vasto campo dell’economia circolare per imprese – che merita di essere approfondito e raccontato. In particolare, se sei un operatore del settore – imprenditore, responsabile aziendale, consulente… – per te è fondamentale conoscere in modo adeguato proprio la normativa di riferimento che citavamo prima: con le opportunità, ma anche gli obblighi e le sanzioni che essa comporta per le imprese. Perché la regolamentazione in materia di end of waste – come, più in generale, tutta la normativa ambientale – va affrontata da parte delle imprese avendo una insostituibile stella polare: la prevenzione, che si fonda sulla conoscenza e sulla formazione.
Le conseguenze che possono derivarne, in caso contrario, sono terribilmente pesanti: per chi opera in nome e per conto delle aziende, ma anche per lo stesso patrimonio di quest’ultima.
E’ il caso di ricordare, infatti, che dal reato di gestione non autorizzata di rifiuti (per non dire di quelli più gravi, come il traffico illecito di rifiuti) può derivare la responsabile diretta delle persone giuridiche da reato2, uno dei rischi penali più gravi che corre un’impresa, in particolare in ambito di obblighi e sanzioni ambientali.
A questo fine, affidarsi a un consulente legale specialista è cruciale per evitare errori, per garantire che tutte le operazioni siano conformi alle leggi vigenti e per risparmiare, così, pesanti sanzioni ai dirigenti e al personale, nonché, come si rammentava, allo stesso patrimonio aziendale.
4) End of waste e reati ambientali: un corso di formazione per la tua impresa
Per concludere, mi pare, quindi, il caso di segnalarti il Corso di formazione in questa materia che terrò il 25 settembre prossimo, insieme al dott. Gaetano Ricci, Consulente Ambientale di Ecoprofessioni, che curerà gli aspetti tecnici e operativi del “fine rifiuto”. Io, come sempre, spiegherò la normativa partendo dal racconto di casi concreti. Per la precisione, da quelli arrivati in Corte di Cassazione e diventati, loro malgrado, base di sentenze penali della Suprema Corte, dalle quali gli imprenditori del ramo possono trarre lezioni preziose per evitare di incappare negli stessi infortuni costati caro a tanti loro colleghi.
Saranno quattro ore di formazione dense di contenuti utilissimi per chiunque abbia interessi aziendali o professionali nella materia dell’end of waste. Insomma, per chi ci sarà sarà tempo ben speso.
Qui trovi tutti i dettagli.
Ci vediamo il 25 settembre.
Buona impresa circolare e sostenibile!
4\9\2024
Avv. Stefano Palmisano
Ps: se la tua azienda gestisce o intende gestire i suoi scarti come sottoprodotti, ti ricordo il mio videocorso pratico “La gestione dei sottoprodotti”. Tutte le informazioni qui: https://www.avvstefanopalmisano.it/prodotto/la-gestione-dei-sottoprodotti-corso-pratico-online-per-imprenditori-e-consulenti-ambientali/
1Rammentiamo che, secondo il comma 2 dello stesso art. 184 ter, “ L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.”
2Prevista dal D.L. 231\2001
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