Inquinamento ambientale, danno ambientale, bonifica, responsabilità ambientale

Inquinamento ambientale e “chi inquina paga”: novità

Abstract

Il Consiglio di Stato ha riaffermato, qualche settimana fa, l’importanza del criterio del “più probabile che non” nell’individuazione della responsabilità per l’inquinamento dei siti. Questo principio, insieme al concetto di “chi inquina paga”, rappresenta un pilastro della normativa ambientale italiana ed europea. In questo articolo analizziamo il contesto normativo, le implicazioni giuridiche e le recenti interpretazioni giurisprudenziali in materia di responsabilità ambientale, con un focus sulla bonifica dei siti contaminati e le implicazioni delle contaminazioni storiche.

Indice

  1. Inquinamento ambientale: il principio “chi inquina paga” in sintesi

  2. Inquinamento ambientale, “chi inquina paga”: il criterio del “più probabile che non”

  3. La discrezionalità amministrativa nella gestione dei siti contaminati

  4. Inquinamento ambientale, “chi inquina paga”: la questione delle contaminazioni storiche

  5. La responsabilità societaria nelle successioni aziendali

  6. Conclusioni


1. Introduzione al principio del “chi inquina paga”

Il principio del “chi inquina paga” è uno dei capisaldi della politica ambientale europea, ed è stato recepito anche nella legislazione italiana. Questo principio stabilisce che chi causa un danno ambientale deve farsi carico delle relative spese di riparazione e bonifica. Si tratta di un concetto che mira a evitare che i costi di risanamento ricadano sulla collettività, garantendo al contempo un elevato livello di protezione ambientale.

La direttiva europea 2004/35/CE istituisce un quadro di responsabilità ambientale basato su questo principio, definendo le modalità di prevenzione e riparazione dei danni ambientali. In Italia, il Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006) riprende questo principio all’articolo 3-ter, sottolineando come esso rappresenti un pilastro della normativa nazionale in materia di tutela ambientale.

2. Il criterio del “più probabile che non” nella responsabilità ambientale

Nel determinare la responsabilità per l’inquinamento di un sito, la giurisprudenza ha stabilito che è sufficiente dimostrare che il nesso causale tra l’inquinamento e il responsabile sia “più probabile che non”. Questo criterio si differenzia dal principio del “ragionevole dubbio” tipico del diritto penale, adottando un approccio più vicino al diritto civile.

La recentissima sentenza del Consiglio di Stato1 che ha chiuso il contenzioso amministrativo relativo a una delle vicende di contaminazione ambientale più emblematiche dell’Italia del dopoguerra, quella della Farmoplant, in provincia di Massa Carrara, ribadisce questo concetto, affermando che l’amministrazione pubblica può basarsi anche su presunzioni semplici per stabilire la responsabilità. Questo significa che non è necessario provare con certezza assoluta la colpevolezza di un soggetto, ma basta dimostrare che la sua responsabilità è più probabile rispetto alla sua innocenza. In questo contesto, il ruolo delle prove indiziarie e presuntive diventa centrale, permettendo di superare le difficoltà legate alla raccolta di prove dirette.

3. La discrezionalità amministrativa nella gestione dei siti contaminati

L’amministrazione pubblica ha un ampio margine di discrezionalità quando si tratta di gestire siti contaminati e attuare le relative operazioni di bonifica. Tale discrezionalità include la valutazione tecnica e l’individuazione delle soluzioni più appropriate per il risanamento dei siti. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata: può essere oggetto di sindacato giurisdizionale solo in casi di manifesta illogicità, errori evidenti o inadeguatezze nell’istruttoria.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che l’autorità competente non è obbligata a esprimere un giudizio autonomo e distinto rispetto alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi, potendo anche limitarsi a un rinvio per relationem alla stessa. Questo conferma la flessibilità a disposizione dell’amministrazione nel gestire procedure complesse, soprattutto in situazioni in cui le contaminazioni richiedono un intervento urgente e coordinato tra diverse autorità.

4. La questione delle contaminazioni storiche

Le contaminazioni storiche rappresentano una sfida particolare per il diritto ambientale. Anche se l’inquinamento è avvenuto in passato, chi ha causato il danno non può sottrarsi all’obbligo di bonifica, purché sussista ancora un pericolo di aggravamento della situazione ambientale.

L’articolo 242 del Codice dell’Ambiente, rilevante anche per i siti di interesse nazionale, prevede che le responsabilità di bonifica restano valide anche per contaminazioni avvenute in tempi remoti. La giurisprudenza ha stabilito che il carattere permanente dell’illecito ambientale rende obbligatoria la bonifica da parte del responsabile, evitando così che i costi ricadano sulla collettività.

Il Consiglio di Stato ha ribadito che accettare una tesi contraria, secondo cui le contaminazioni storiche non comporterebbero obblighi per l’inquinatore, creerebbe un precedente pericoloso. Infatti, ciò implicherebbe che la bonifica, pur essendo necessaria per la tutela della salute e dell’ambiente, verrebbe finanziata con risorse pubbliche piuttosto che da chi ha causato il danno.

5. La responsabilità societaria nelle successioni aziendali

Un altro aspetto rilevante riguarda la responsabilità delle società nelle operazioni di fusione, acquisizione o trasferimento d’azienda. In tali casi, la responsabilità per i danni ambientali si trasferisce al nuovo soggetto giuridico che subentra. Questo principio è stato confermato pochi anni fa dal più alto Consesso della Giustizia Amministrativa2.

Ciò significa che, in caso di successione universale inter vivos, il soggetto acquirente eredita anche le responsabilità ambientali del predecessore. Questo principio mira a garantire che i processi di riorganizzazione aziendale non possano essere utilizzati per eludere le responsabilità in materia di bonifica ambientale.

6. Conclusioni

Il principio del “chi inquina paga” e il criterio del “più probabile che non” rappresentano fondamentali strumenti giuridici per garantire la responsabilità e, quindi, la tutela ambientale. La giurisprudenza recente ha chiarito che la responsabilità per l’inquinamento non si basa su una certezza assoluta, ma su un criterio di probabilità, permettendo così all’amministrazione pubblica di agire con maggiore efficacia.

L’approccio adottato dal Consiglio di Stato dimostra l’importanza di un equilibrio tra discrezionalità amministrativa a tutela degli interessi pubblici e garanzie giuridiche dei privati, in un contesto in cui la tutela dell’ambiente, comunque, è sempre più centrale. La responsabilità per le contaminazioni storiche e la trasmissione di tale responsabilità in ambito societario confermano che chi inquina non può sottrarsi ai propri obblighi, a prescindere dal tempo trascorso o dalle vicende aziendali.

6\9\2024

Avv. Stefano Palmisano

 

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1Consiglio di Stato, sezione IV, n. 6596 del 22 luglio 2024

2Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, pronuncia n. 10 del 22 ottobre 2019.

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