Rinnovabili, semplificazione, decreto, normativa

Rinnovabili: semplificazione o complicazione?

Note di fine estate su uno schema di decreto e sulla via italiana alla semplificazione

Abstract

Il recente schema di decreto legislativo approvato in via preliminare, qualche settimana fa, dal Consiglio dei Ministri in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili solleva molti interrogativi; dei quali, peraltro, si possono intuire le risposte senza particolare difficoltà. E non sono risposte piacevoli.

Il governo, infatti, parla di semplificazione. Ma gli addetti ai lavori e coloro che hanno a cuore le sorti della decarbonizzazione, della transizione ecologica e della tutela ambientale in questo paese chiedono – vocabolario della lingua italiana alla mano – quale definizione di “semplificazione” ispirerà mai l’esecutivo, in un ambito nel quale le cose dovrebbero essere davvero molto semplici.

Ma cosa c’è realmente in gioco? E perché questo decreto, se approvato così com’è oggi, rappresenterebbe un passo indietro nella transizione ecologica italiana?

 

 

Indice

  1. Rinnovabili: un’Italia in ritardo sulla decarbonizzazione

  2. Rinnovabili e semplificazione – Lo schema di decreto legislativo: tra promesse e realtà

  3. Le criticità: quando la semplificazione complica

  4. Rinnovabili e semplificazione: un obbligo violato

  5. Le conseguenze: un passo indietro nella transizione ecologica?

  6. Cosa fare? Una chiamata all’azione

  7. Rinnovabili e semplificazione – Conclusioni: un’opportunità da non perdere

1. Rinnovabili: un’Italia in ritardo sulla decarbonizzazione

Prima di addentrarci nei meandri del nuovo schema di decreto (del quale, è bene puntualizzarlo subito, chi scrive non è stato in grado di rinvenire in rete un testo ufficiale) – che costituisce attuazione della delega di cui all’articolo 26, comma 4, della legge 5

agosto 2022, n. 118 – è fondamentale comprendere il contesto in cui si inserisce. L’Italia, nonostante la sua posizione geografica privilegiata e il suo potenziale in termini di energie rinnovabili, rimane uno dei paesi europei più dipendenti dalle fonti fossili per la produzione di energia elettrica. Questa dipendenza non solo ci espone alle fluttuazioni dei prezzi dei combustibili fossili, ma mina anche la nostra sicurezza energetica e la competitività delle imprese. Per non dire, ovviamente, degli impatti non proprio benefici sull’ambiente che la bella tradizione fossile di questo Paese comporta.

Questa vulnerabilità geopolitica e i ritardi sulle rinnovabili penalizzano i costi della bolletta energetica, la redditività delle aziende e la transizione ecologica del Paese. Sarebbe quindi cruciale che il nuovo decreto sui regimi autorizzativi per gli impianti FER facesse realmente da abilitatore del processo rinnovabile, anziché diventare un ulteriore ostacolo.

2. Rinnovabili e semplificazione Lo schema di decreto legislativo: tra promesse e realtà

Il governo ha presentato il nuovo decreto come una risposta agli “obiettivi di semplificazione del PNRR”. Ma è davvero così?

Il provvedimento riduce da quattro a tre i “binari” per la realizzazione degli impianti FER:

– Attività libera

– Procedura abilitativa semplificata (PAS)

– Autorizzazione unica

A prima vista, potrebbe sembrare una semplificazione. Ma, come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli.

3. Le criticità: quando la semplificazione complica

Analizziamo alcune delle principali contraddizioni emerse in seno al nuovo testo:

a) Ammodernamento degli impianti esistenti

Prima del decreto, l’ammodernamento e il potenziamento degli impianti rinnovabili già installati non richiedevano ulteriori autorizzazioni, anche in presenza di vincoli paesaggistici. Il nuovo decreto, invece, introduce la necessità di ottenere nuove autorizzazioni, aggiungendo burocrazia dove prima non c’era. Questo rischia di scoraggiare investimenti cruciali per aumentare la produzione di energia pulita da impianti già esistenti.

b) Tempi di autorizzazione

Il decreto prevede tempi che vanno da un minimo di 30 giorni a un massimo di 420 giorni per le autorizzazioni più complesse. In un settore in rapida evoluzione come quello delle rinnovabili, tempi così lunghi rischiano di rallentare investimenti e progetti chiave per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

c) Coinvolgimento delle Soprintendenze

L’introduzione del parere obbligatorio delle Soprintendenze anche per progetti di mero ammodernamento – per “semplificare”, ça va sans dire – rischia di creare un collo di bottiglia. Questi enti, quindi, già sovraccarichi e storicamente non proprio estimatori degli impianti rinnovabili, vengono candidati a diventare, di fatto, uno dei principali ostacoli per le transizione ecologica e la modernizzazione del Paese, più di quanto lo siano già oggi; con buona pace di qualsiasi aspirazione alla semplificazione!

4. Rinnovabili e semplificazione: un obbligo violato

La semplificazione è un valore in sé nell’azione amministrativa; anche e soprattutto perché bisogna riconoscere l’importanza centrale del fattore tempo nella programmazione finanziaria del privato e per il raggiungimento dell’obiettivo della competitività del sistema Paese. Questo vale anche e soprattutto nella nevralgica materia del rapporto tra produzione di energia da fonti rinnovabili e tutela del paesaggio. E’ il fondamentale principio di diritto affermato dal Consiglio di Stato1 a conclusione di una tortuosa, e per certi versi surreale, vicenda processuale relativa all’installazione di un impianto di energia eolica in Puglia.

Traduzione: “valore in sé nell’azione amministrativa” vuol dire obbligo per la pubblica amministrazione. Infatti, nella vicenda in questione, siccome gli enti pubblici coinvolti – in particolare, Provincia e Soprintendenza – avevano clamorosamente violato quell’obbligo, il Consiglio di Stato ha annullato i loro provvedimenti ripristinando la legalità.

Orbene, quanto è compatibile una normativa come quella che stiamo analizzando con un principio come quello sancito dal Consiglio di Stato?

5. Le conseguenze: un passo indietro nella transizione ecologica?

Le implicazioni di questo decreto che complica semplificando vanno ben oltre l’ulteriore dose da cavallo di burocratizzazione che viene somministrata – in un ambito, peraltro, nevralgico – a un tessuto economico e culturale che di tutti i nutrimenti avrebbe bisogno fuorchè di altra burocrazia. Ecco perché:

a) Rallentamento degli investimenti

L’incertezza normativa e la crescita dei grovigli burocratici rischiano di scoraggiare gli investimenti nel settore delle rinnovabili, proprio quando dovremmo accelerare per raggiungere gli obiettivi climatici.

b) Mancato raggiungimento degli obiettivi climatici

L’Italia ha preso impegni precisi a livello europeo e internazionale sulla riduzione delle emissioni e sull’aumento della produzione di energie rinnovabili. Questo decreto, insieme ad altri provvedimenti recenti, rischia di compromettere il raggiungimento di tali obiettivi, con gravi conseguenze per il nostro Paese.

c) Perdita di competitività

In un mondo che si muove rapidamente verso le energie pulite, l’Italia rischia di rimanere indietro, perdendo opportunità economiche e di leadership tecnologica in un settore strategico per il futuro.

d) Possibili procedure di infrazione

Nella direttiva europea cosiddetta “RED II”2, si sancisce, tra l’altro, che occorre “innalzare fino al 42,5 % l’obiettivo complessivo dell’Unione in materia di energia rinnovabile per poter dare un deciso impulso alla loro diffusione, accelerando in tal modo la fine graduale della dipendenza energetica dell’Unione dai combustibili fossili russi grazie alla maggiore disponibilità di energia sicura, pulita e a prezzi accessibili nell’Unione. Al di là di tale livello obbligatorio, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente l’obiettivo complessivo dell’Unione del 45 % di energia da fonti rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU.”

Violando gli impegni presi con il PNRR e la normativa unionale, pertanto, l’Italia potrebbe essere soggetta a procedure d’infrazione da parte dell’Unione Europea, con conseguenze economiche e reputazionali. Conseguenze economiche sta per sanzioni all’Italia: che andrebbero pagate con soldi dello Stato. Ossia, di tutti noi.

 

6. Cosa fare? Una chiamata all’azione

Come avvocato e consulente legale specializzato in normativa ambientale, con particolare focus sulle energie rinnovabili, ritengo fondamentale agire su più fronti:

a) Revisione del decreto:

Lo schema di decreto deve essere rivisto in maniera significativa nei suoi punti più critici, alcuni dei quali abbiamo esaminato sopra, eliminando le barriere burocratiche introdotte e allineandolo realmente agli obiettivi di semplificazione e agli impegni internazionali sull’aumento delle rinnovabili.

b) Formazione e sensibilizzazione:

È necessario un lavoro capillare di formazione e sensibilizzazione, sia a livello istituzionale che pubblico, sull’importanza strategica delle rinnovabili per il futuro energetico, economico e ambientale del Paese. Solo una maggiore consapevolezza può portare a scelte politiche e normative coerenti.

c) Supporto legale mirato:

Le aziende del settore hanno bisogno di un supporto legale specializzato per navigare in questo panorama normativo complesso e in continua evoluzione, individuando le soluzioni più adatte per accelerare i loro progetti di sviluppo.

d) Advocacy e lobbying:

È fondamentale fare pressione a livello politico e istituzionale, attraverso azioni di advocacy e lobbying, per promuovere una legislazione realmente favorevole allo sviluppo delle rinnovabili e al raggiungimento degli obiettivi climatici italiani ed europei.

7. Conclusioni: un’opportunità da non perdere

La transizione energetica non è solo una necessità ambientale, ma un’opportunità economica e strategica per l’Italia. Abbiamo le risorse, le competenze e il potenziale per essere leader in questo settore. Ma per farlo, abbiamo bisogno di un quadro normativo chiaro, stabile, realmente semplificato e di favore per le rinnovabili.

Il nuovo decreto, nella sua forma attuale, rischia di essere un’occasione mancata; l’ennesima. Ma c’è ancora tempo per correggere il tiro. Come professionisti del settore, abbiamo il dovere di alzare la voce, offrire la nostra expertise e lavorare attivamente per un futuro energetico sostenibile per il nostro Paese.

Se la tua azienda opera nel settore delle rinnovabili e ha bisogno di supporto legale specialistico per districarsi nel groviglio della normativa, il mio studio è a vostra disposizione per una consulenza personalizzata. Insieme, possiamo trasformare le sfide in opportunità e contribuire a costruire un futuro energetico più pulito e sicuro per l’Italia.

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10\9\2024

Stefano Palmisano

Avvocato e Consulente Legale Ambientale e dell’Economia Circolare

 

1Consiglio di Stato – Sezione IV: Sentenza 29 maggio 2024, n. 4818

2Direttiva 18/10/2023, n. 2023/2413/UE, Considerando n. 5

 

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