Interpello ambientale MITE - Economia circolare e caffè

Interpello ambientale: economia circolare e caffè

Un’associazione di categoria rivolge un interpello ambientale al Ministero per la transizione ecologica chiedendo la legittimazione del sistema di preparazione per il riutilizzo all’interno degli esercizi commerciali di rivendita di capsule di caffè, ove le medesime capsule vengano conferite dai clienti. Il Ministero risponde gelando gli entusiasmi: l’operazione di “disassemblaggio” della capsula di caffè esausto si configura come un’operazione di “trattamento” di rifiuti, che può avvenire esclusivamente in appositi impianti autorizzati.

Indice

L’interpello ambientale: cos’è?

L’interpello ambientale sulle capsule di caffè: il quesito

L’interpello ambientale: il riscontro del MITE

L’interpello ambientale: dal Ministero un auspicio e un’informazione conclusivi

Intanto, soprattutto rischi penali per gli operatori

 

L’interpello ambientale: cos’è?

Poco più di un anno fa, è stato introdotto nel nostro ordinamento, in particolare nel cosiddetto “Testo Unico Ambientale”1, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, con il quale enti pubblici, associazioni di categoria e associazioni di protezione ambientale possono inviare al Ministero della transizione ecologica (MITE) istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale.

L’obiettivo è, quindi, quello di evitare a monte equivoci interpretativi sulla normativa ambientale da parte dei suoi destinatari e realizzare così un apparato regolamentare chiaro ed effettivo.

 

L’interpello ambientale sulle capsule di caffè

Qualche giorno fa, il MITE ha riscontrato un interpello in materia di capsule di caffè formulata da un’associazione di categoria2.

L’interpellante chiedeva:

un’interpretazione autentica riguardo alla normativa applicabile al sistema di preparazione per il riutilizzo all’interno degli esercizi commerciali di rivendita di capsule di caffè, ove le medesime capsule vengano conferite dai clienti3;

la conferma che questi circuiti virtuosi di raccolta e di preparazione per il riuso, che si stanno

manifestando in diversi territori, in modo spontaneo e con il coinvolgimento di consumatori

e rivenditori di capsule di caffè, siano legittimati ad operare e non incorrano in sanzioni.

Insomma, l’associazione di categoria invocava un via libera a queste pratiche circolari già applicate all’espresso.

Tra i vari punti interessanti che sviluppava l’interpellante, è il caso di evidenziarne due su tutti:

  1. partendo dalla normativa4 che prevede che le pubbliche amministrazioni promuovano iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei

    rifiuti, l’associazione di categoria poneva la questione nodale di “come intercettare certi rifiuti prima che essi vengano irrimediabilmente destinati alle discariche”;

  2. affrontando, in generale, il tema spinoso della preparazione per il riutilizzo, l’interpellante tocca il nervo scoperto della materia:5mancando, tuttavia, i necessari decreti attuativi della normativa in esame, talvolta si ingenerano, negli operatori, dubbi interpretativi sulle procedure adottate, il che frena molto tali pratiche virtuose.”

Il riscontro del MITE

Il MITE non fornisce la conferma richiesta. Tutt’altro!

Si legge nella risposta all’interpello6, del 4 agosto scorso, infatti, che “le operazioni descritte dall’istante ed effettuate su capsule di caffè esausto, che sono già diventate rifiuto, vengono erroneamente individuate quali attività di ‘riutilizzo’, che […] presuppone il reimpiego del prodotto.

Ne consegue che i cd. ‘centri per il riuso‘ citati dall’istante, presso i quali vengono svolte le

operazioni tramite le quali un prodotto usato possa essere reimpiegato, pur rappresentando un chiaro esempio di incentivo all’economia circolare, nonché una buona pratica da rafforzare, non costituisce uno strumento idoneo alla raccolta e al trattamento dei rifiuti di capsule di caffè esausto.

Nel caso di specie, inoltre, l’operazione effettuata […] non configura neanche un’operazione di

‘preparazione per il riutilizzo’, in quanto la separazione delle componenti caffè esausto capsula (in plastica o alluminio), a prescindere che queste componenti una volta separate, siano inviate a

smaltimento o a recupero (chiamato impropriamente riutilizzo), non genera prodotti idonei ad essere reimpiegati senza altro pretrattamento.”

La conclusione del Ministero è la seguente: “per tali motivi, l’operazione di ‘disassemblaggio’ della capsula di caffè esausto, si configura come un’operazione di ‘trattamento’ di rifiuti, che può avvenire esclusivamente in appositi impianti autorizzati, anche ai sensi dell’art. 208 del D.lgs. n. 152/2006.

 

L’interpello ambientale: dal Ministero un auspicio e un’informazione finali

L’ultima parte del riscontro del MITE contiene due elementi significativi, un “auspicio” e, soprattutto, un’informazione.

Quanto al primo, “è comunque auspicabile che, attraverso accordi con le Amministrazioni locali e il servizio pubblico di gestione rifiuti, si possano attuare sistemi di raccolta dedicati, anche in via sperimentale, finalizzati ad individuare le corrette modalità di gestione anche ai fini del successivo recupero di materia.

L’informazione, infine, viene fornita in risposta all’osservazione dell’interpellante in merito alla ultradecennale mancanza dei decreti attuativi in materia di preparazione per il riutilizzo.

Infine, in merito al decreto attuativo relativo alle operazioni di “preparazione per il riutilizzo”, previsto dall’articolo 214-ter, comma 2, del D.lgs. n. 152/2006, “Determinazione delle condizioni per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata”, si segnala che

detto regolamento è attualmente al vaglio del Consiglio di Stato per il parere ai sensi dell’art.17,

comma 4 della Legge 400/88, ed è stato altresì notificato alla Commissione Europea ai sensi della

direttiva (UE) 2015/1535.

Si sottolinea che solo a seguito dell’entrata in vigore del suddetto regolamento, ove la fattispecie oggetto di questo interpello sarà tra le ipotesi disciplinate dallo stesso, sarà possibile fare richiesta per l’esercizio delle operazioni in procedura semplificata ai sensi dell’art. 214 del d.lgs. 152/2006.

 

Intanto, soprattutto rischi penali per gli operatori

I tempi per l’espresso circolare non sono ancora maturi, a quanto pare.

L’auspicio è lo siano almeno quelli per l’emanazione dei decreti per la preparazione per il riutilizzo: dieci anni e passa possono bastare, forse.

Intanto, il senso di questo interpello è chiaro: chi, pur ispirato dalla migliore volontà e dal più puro spirito circolare, continui a trattare le capsule di caffè secondo le forme descritte nell’interpello – e bocciate dallo stesso – rischia seriamente un procedimento penale per il reato di gestione non autorizzata di rifiuti7.

E’ giusto che gli operatori ne siano consapevoli.

Avv. Stefano Palmisano

 

Per consulenze e assistenza legale in materia di rifiuti e diritto dell’economia circolare, contattami: palmi.ius@avvstefanopalmisano.it

 

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

 

1Decreto legislativo 03/04/2006, n. 152, ART. 3-septies (Interpello in materia ambientale)

3Si tratta del combinato disposto degli articoli 179 e 185- bis del D. Lgs. n. 152 del 2006.

4Art. 180-bis, comma 1, del D. Lgs 152/2006

5Alle vicende surreali della normativa nazionale in materia di preparazione per il riutilizzo, ho dedicato vari approfondimenti; su questo blog:http://www.avvstefanopalmisano.it/quando-saranno-emessi-i-decreti-per-la-preparazione-per-il-riutilizzo/; e non solo: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/12/rifiuti-uno-spettro-si-aggira-per-litalia-leconomia-circolare/6585001/

7Previsto e punito dall‘art. 256, D. Lgs. 152/2006