Nuova direttiva UE sulla comunicazione aziendale della sostenibilità

Sostenibilità aziendale: novità dall’UE

Il Parlamento Europeo approva la direttiva sulla comunicazione di sostenibilità aziendale: un altro passo importante verso l’attuazione degli obiettivi del Green Deal, un altro pezzo della responsabilità sociale d’impresa del terzo millennio secondo l’ordinamento dell’Unione Europea.

Indice

Sostenibilità aziendale: la direttiva CSRD

Sostenibilità aziendale: un altro ramo dell’albero del Green Deal

Autoregolamentazione aziendale e diritto cogente nell’UE del Green Deal

Conclusioni: per le aziende, obblighi giugulatori o opportunità di vantaggi competitivi?

Sostenibilità aziendale: la direttiva CSRD

CSRD: Corporate Sustainability Reporting Directive, ossia Direttiva sulla comunicazione di sostenibilità aziendale.

E’ l’ultima arrivata della legislazione dell’Unione Europea in ambito di sostenibilità aziendale.

In forza di questa normativa, le grandi imprese dell’UE saranno obbligate a rendere pubblici i dati sul loro impatto sull’ambiente, sulle persone, sul pianeta e sui rischi di sostenibilità a cui sono esposte.

Gli obiettivi della riforma sono essenzialmente tre: 1) contrasto del greenwashing; 2) rafforzamento dell’economia sociale di mercato dell’Unione, in chiave di trasparenza e responsabilità sociale d’impresa; 3) costruzione di standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello mondiale.

Le imprese saranno soggette a controlli e certificazioni indipendenti per assicurare che i dati forniti siano affidabili. La comunicazione sulla sostenibilità sarà equiparata a quella finanziaria; questo permetterà agli investitori di disporre di dati comparabili e attendibili. Inoltre, dovrà essere garantito l’accesso digitale alle informazioni sulla sostenibilità.

I nuovi obblighi di trasparenza sulla sostenibilità introdotti dalla direttiva si applicheranno a tutte le grandi imprese dell’Unione Europea, quotate in borsa o meno, comprese le imprese estere che fatturano più di 150 milioni di euro nell’UE. Le PMI quotate in borsa saranno interessate dalla normativa, ma avranno più tempo per adattarsi alle nuove regole.

In realtà, la direttiva formalmente non c’è ancora, ma è solo questione giorni.

E’ stata, infatti, approvata giovedì 10 novembre dal Parlamento Europeo e ora dovrebbe essere adottata dal Consiglio il prossimo 28 novembre e poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.

 

Sostenibilità aziendale: un altro ramo dell’albero del Green Deal

Si tratta di un altro tassello del vasto e variegato mosaico normativo che sta disegnando l’Unione Europea, in particolare questa Commissione, in ambito di tutela ambientale e della salute pubblica da rischi di derivazione aziendale, in adempimento dei principi del Green Deal che ormai costituisce il diritto positivo dell’Unione Europea in questa materia nevralgica.

Un tassello che si affianca ad altri di uguale rilievo al centro del dibattito pubblico e dell’attività legislativa dell’Unione: per citare solo due tra gli esempi più rilevanti in questo senso, la “Proposta di Direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità”, che riguarda, in particolare, la compliance delle “catene globali del valore” in cui operano le grandi società commerciali dell’Unione Europea (me ne sono già occupato di recente su questo blog1); o il pacchetto di proposte per la protezione di acqua e aria basato sulla revisione della legislazione sulla qualità dell’aria, degli elenchi di inquinanti delle acque superficiali e sotterranee e della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (ho trattato in modo succinto anche questo tema qui: https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:6992902537297211392/)2.

 

Sostenibilità aziendale: autoregolamentazione e diritto cogente nell’UE del Green Deal

Tutte iniziativa di riforma legislativa fondate su un assunto di fondo: progettare un nuovo sistema economico sostenibile di produzione, distribuzione e consumo – che persegua, quindi, anche obiettivi di tutela sistemica dell’ambiente e della salute pubblica – non può prescindere da un apparato normativo cogente – quindi, anche sanzionatorio – valido ed efficace su scala unionale.

Questo anche e soprattutto perché – come ho già evidenziato in altri contributi – in ambito di Commissione Europea pare essersi consolidato, in questa materia, un assunto di fondo, che, infatti, l’Esecutivo ha formalizzato nel primo punto della Relazione introduttiva alla citata Proposta di direttiva sulla due diligence, al punto 1, Contesto della proposta – Motivi e obiettivi della proposta.

Per lo più le società di grandi dimensioni ricorrono sempre più a processi di diligenza, in quanto possono offrire loro un vantaggio competitivo. Questa linea risponde anche alla crescente pressione esercitata dal mercato sulle società affinché agiscano in modo sostenibile, in modo da poter scongiurare rischi reputazionali indesiderati nei confronti dei consumatori e degli investitori, sempre più consapevoli degli aspetti legati alla sostenibilità. Tuttavia tali processi si basano su norme volontarie e non creano certezza del diritto né per le società né per le vittime in caso di danni.

L’azione volontaria non sembra aver portato a miglioramenti su vasta scala in tutti i settori e, di conseguenza, si osservano, sia all’interno che all’esterno dell’Unione, esternalità negative derivanti dalla produzione e dal consumo dell’UE.”

 

Conclusioni: per le aziende, obblighi giugulatori o opportunità di vantaggi competitivi

E’ evidente, quindi, che secondo le Istituzioni europee l’Unione l’attuazione degli obiettivi dell’Unione codificati nel Green Deal non può essere delegata solo alle politiche aziendali ESG o affini; ma richiede, invece, norme pubbliche e imperative approvate dagli stessi Enti unionali e attuate dagli Stati nazionali (quando non direttamente dalle stesse Istituzioni comunitarie, come nel caso dei regolamenti).

Il tutto in un contesto di chiara “interlocuzione dialettica”, per così dire, delle Autorità Pubbliche dell’Unione con le compagini aziendali, specie quelle di grandi dimensioni.

Secondo taluni è troppo; secondo altri è ancora troppo poco.

Una cosa pare certa: sull’asse Bruxelles – Strasburgo, il Green Deal è ormai una strada senza ritorno. Ed è una strada che questa Europa vuole percorrere fino in fondo; fino a prova contraria.

Non è una previsione per il futuro, è un dato di fatto del presente.

Lo dimostrano elementi difficilmente equivocabili come la legge della Germania sulla diligenza dovuta aziendale nelle catene di approvvigionamento (Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz, LkSG) – che ha anticipato l’applicazione di quella direttiva e che entrerà in vigore il 1° gennaio 2023 – finalizzata a spingere le aziende tedesche a garantire il rispetto dei diritti umani e la protezione dell’ambiente. E’ il caso di evidenziare che la legge, regolamentando le catene di fornitura delle imprese tedesche, riguarderà anche le aziende italiane che abbiano rapporti economici e commerciali con quelle germaniche.

In conclusione, gli imprenditori che prenderanno atto in modo tempestivo di questo dato di fatto e si attrezzeranno di conseguenza potranno trasformare quelli che, a prima vista, possono sembrare solo obblighi giugulatori in vantaggi competitivi rispetto ai loro concorrenti.

Sostenibilità fa rima con competitività: per gli imprenditori con lo sguardo lungo questo dovrebbe essere un dato acquisito, ormai.

15\11\2022

Avv. Stefano Palmisano

 

Per consulenza e assistenza legale in materia di normativa ambientale e dell’economia circolare, scrivimi: palmi.ius@avvstefanopalmisano.it.